Giallo due
- Alessandro Lorenzini
- 30 lug 2020
- Tempo di lettura: 1 min
La barca attraccò facilmente al molo nella grotta. Gino Occhiofino era legato ed imbavagliato e sentiva un fortissimo dolore alle spalle, che lo infastidiva.
In lontananza si intravvedeva un piccolo aeroporto e a lui giungeva un rumore di un treno in corsa. Entrarono. L’interno era buio, non si sentiva nulla. Gino Occhiofino era terrorizzato. Nascosti nella scarpa destra c’erano i lapislazzuli. Fortunatamente le scarpe le aveva ancora… Le aveva ricevute in regalo da Lina Coscia , per Natale.
Improvvisamente si udì uno sparo.
‘Ti avevo detto che i lapislazzuli possono causare dei guai’ – disse.
Ruggero Pelasquez era il direttore del suo albergo. Non lo liberò affatto e inaspettatamente gli fece un’iniezione sul braccio. Si svegliò in un letto. Sentiva uno strano odore di latte. Sotto le coperte era nudo e aveva un foglio sotto l’orecchio. Qualcosa gli ricordò le parole di Ruggero Velasquez: ‘Tanto và la gatta al lardo, che da obesa è più appetibile’, e ciò avrebbe dovuto aprirgli gli occhi.
A quel punto, si addormentò. Dopo un paio d’ore sentì una mano che gli grattava una palla e una voce che diceva : “Siamo quasi arrivati, puoi iniziare a preparare le tue cose” . Era la Hostess.
Preparò i pochi bagagli a mano che aveva portato in cabina, controllò i documenti e si preparò a scendere. All’uscita dell’aeroporto, un uomo gli tese la mano: ‘Sono Ruggero Pelasquez’, disse. Buona permanenza.

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